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Cercando Leica... trovo Lumiere e Melies!

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 Se non fosse stato per la mia passione Leica non avrei mai potuto vivere questa splendida avventura che vi viene raccontata nello scritto da mia moglie Donatella.

Perdonatetemi il mio piccolo peccato di vanità !


Un giorno, per caso...
Tutti i collezionisti sperano di poter, un giorno, imbattersi in un oggetto che abbia una storia da raccontare, che ripaghi le ore trascorse nei vari mercatini delle pulci, che ti permetta di dire le tanto sospirate tre parole: “L’ho trovato io!” e di condividere la gioia della scoperta. Ma, come spesso succede, questo capita quando meno te lo aspetti e ti ritrovi a osservare un autentico pezzo di storia del cinema, ancora totalmente inconsapevole di ciò che hai tra le mani.



Il magazzino del "Brocante" francese di Menton (Francia)


Nell’estate 2007, ero in vacanza con la famiglia a Menton (Francia) e, essendo io un malato cronico di oggetti vintage e collezionista di materiale fotografico Leica, era d’obbligo una visita accurata dal brocante del luogo. Accompagnato da mia figlia Matilde, ci siamo recati all’”Usine”, vero e proprio tempio di oggetti d’altri tempi, per passare il solito paio d’ore immersi tra porcellane antiche, statue impolverate, macchine fotografiche che non scattano più.


 
 Ovviamente, la nostra ricerca era finalizzata al famoso materiale fotografico, anche se non disdegnavamo di soffermarci ad osservare oggetti decisamente retrò, che avrebbero reso felice qualsiasi collezionista. Proprio quando pensavamo di dover uscire a mani vuote, la mia attenzione fu attratta da una teca, dove tra oggetti di vario genere, notai due scatolette di alluminio recanti la scritta “Cinematographe August e Louis Lumiere”

La vetrina in cui sono stati ritrovati i due vecchi filmati

A nostro avviso, erano due oggetti veramente carini e di sicuro interesse per chi conosce la storia del cinema. Chiesi così al proprietario di poterle visionare e quando mi furono date in mano, notai con sorpresa dal loro peso, che dentro entrambe potevano essere conservate delle pellicole.
Decidemmo di acquistarle e le portai via per una modica somma, convinto sì di aver acquistato due bei contenitori ma ancora ignaro di ciò che contenevano. Arrivati a casa, finalmente potemmo aprire quei due piccoli contenitori. Entrambi contenevano una pellicola e, visionando fotogramma per fotogramma, ci apparve una donna con un vestito con i colori della bandiera italiana in una e nell’altra pellicola una lotta alquanto comica tra due uomini.
Subito, parve chiaro che si trattava di film molto vecchi, probabilmente colorati a mano ma le nostre competenze in materia non ci permettevano di andare oltre. Una volta tornati dalle vacanze, avremmo fatto ricerche in merito e forse si sarebbe scoperto che, quelle che all’inizio erano solo “due scatolette carine”, contenevano qualcosa di molto più importante! Ma come spesso succede, una volta tornati a casa, le scatolette e il loro contenuto furono orgogliosamente riposte in mezzo a tante vecchie macchine fotografiche, dimenticate come già lo erano state nella teca del brocante mentonniese.
Fu solo nell’agosto del 2010, quando decidemmo di andare a visitare la mostra sulle Lanterne Magiche alla Reggia di Venaria (prov. Torino), che ci rendemmo conto di ciò che avevamo in casa. Mentre visitavamo le varie sale, mia moglie mi fece notare la somiglianza di una delle nostre pellicole con quella appena vista alla mostra. Effettivamente, vi erano molte similitudini, prima fra tutti le movenze della ballerina e il mantello con il quale si muoveva ad imitare una farfalla e anche con alcuni elementi scenografici. Inoltre, avevamo conosciuto per la prima volta George Melies. Al contrario dei fratelli Lumiere, riconosciuti da tutti come gli inventori del cinema. Melies era un personaggio a noi totalmente sconosciuto. La sera stessa, digitando sul motore di ricerca il nome Melies, passammo parecchio tempo leggere di questo straordinario personaggio, della sua genialità e della sua vita pasionaria. Ciò che assolutamente non sapevamo era l’importanza della sua figura all’interno della storia del cinema. Rapiti da quanto scoperto, ripetemmo lo stesso iter per quanto riguarda i fratelli Lumiere e, visionando alcuni loro films, ci parve di scorgere alcune somiglianze con la scenografia della pellicola in nostro possesso.Sicuramente, a questo punto della ricerca, era necessario rivolgerci a qualcuno competente in materia. Sempre utilizzando il web, risalimmo al dott. Montanaro, al quale mandammo le fotografie delle scatolette e le copie di alcuni spezzoni delle pellicole. Immediatamente ci giunse risposta. Il dottor Montanaro richiedeva una attenzione particolare alla perforazione della pellicola, all’inizio e alla fine della stessa e, essendo colorata, smentiva la possibilità che fosse una colorazione pochoir bensì una dipintura a mano. Attraverso una massiccia corrispondenza con Montanaro, si giunse all’attribuzione dei due films.



Un fotogramma tratto dal filmato di Georges Melies.
Il film del 1899-1900 è interpretato dallo stesso Melies ( a sinistra) e dalla moglie, la famosa attrice dell'epoca Jeanne D'Alcy (a destra).
 
 




Una pellicola era un’opera di Melies, e si intitolava “Luttes extravagantes”. La seconda era un prodotto dei fratelli Lumiere, dal titolo “Dance de l’eventail”
Che dire… Non ci pareva vero!
Da quando avevamo trovato questo “tesoro cinematografico” a Menton, avevamo passato ore a navigare sul web, letto biografie sui Lumiere e Melies, visitato mostre e attivato corrispondenze con luminari e con il Museo del Cinema di Torino, avvicinandoci decisamente al magico mondo del cinema e con la soddisfazione immensa, tipica del collezionista, di poter dire….”Li ho trovati io!!!”
I due filmati sono stati depositati nel Museo del Cinema di Torino,  luogo ritenuto ideale per la loro conservazione e valorizzazione.
Dopo un accurato restauro, curato e sponsorizzato dallo stesso ente, i film sono stati presentati al Festival del Cinema Muto di Pordenone del 2012.
Un grande evento che viene celebrato ogni anno nella cittadina friulana, richiamando esperti e appassionati da ogni parte del mondo. Qui sotto, tratto dal catalogo della manifestazione, vi riporto le schede dei due piccoli filmati.



La copertina del catalogo ufficiale del 31°Festival del Cinema Muto di Pordenone.


La locandina ufficiale 2012








Il primo sistema reflex Leica

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Nei primi anni '30 fu realizzato questo prototipo di cassetta reflex.
Il dispositivo fu inserito in un obiettivo Elmar 13,5 cm. f/4,5 in modo che un gioco di specchi potesse facilitare la messa a fuoco dell'immagine ingrandita. Con il cilindro del mirino rientrato, si permetteva la visione e la messa a punto del fuoco. Completamente sollevato, il fascio luminoso poteva raggiungere il piano focale della fotocamera.
 
 
Per la sua costruzione fu utilizzato un obiettivo destinato ad una Leica I(c) non standardizzata, lo si deduce dal numero di tre cifre (598) che è riportato sulla parte anteriore del gruppo lenti.
 

 
 


Il dispositivo, che riveste una importante testimonianza storica della Leica, fu conservato fino a pochi anni fa nel museo della fabbrica con il numero M227. Lo sviluppo del sistema e l'inizio della sua commercializzazione avvenne nel 1935 con l'inserimento nel catalogo Leitz  con nome in codice PLOOT.

 

Le prime brochure Leitz scritte in varie lingue e dedicate al sistema reflex "PLOOT" con obiettivo Telyt 20 cm. F/4,5
 
 
Nel 1940, il prospetto pubblicitario fu modificato con l'introduzione del nuovo obiettivo Telyt 40 cm e con nuovi accessori studiati per essere impiegati con il PLOOT
 
 
 Il catalogo Leica, scritto in italiano, che raccoglie l'intero sistema di obiettivi Leica disponibili nel periodo del secondo conflitto bellico mondiale. Tra di essi, due cassette reflex "PLOOT" con i rispettivi teleobiettivi Telyt da 20 e 40 cm di focale 
Il sistema reflex smontato dalle due parti che lo compongono.
Sullo sfondo, un altro pezzo proveniente dal museo Leica, si tratta di un prototipo Leica II che viene descritto in un altro articolo del nostro blog.(http://my-leica-historica.blogspot.it/2013/02/prototipi-leica-ii.html)
 
 
 
 
 
  In questa illustrazione, possiamo notare la doppia filettatura per il treppiede, che fu impiegata su questo obiettivo per facilitare il suo utilizzo sia nelle inquadrature verticali che quelle orizzontali. In evidenza la targhetta gialla, con impresso il numero museale M227.
 
L'obiettivo Elmar 13,5 f/4,5 riporta il numero seriale composto da tre cifre  (598).
 




 



In questa immagine un "Outfit" proveniente dal Museo Leica. Oltre il prototipo Leica II e il sistema reflex, abbiamo il piccolo stativo TOOUG, provvisto di prolunga estendibile. Questo piccolo accessorio del treppiede non fu mai prodotto e viene ampiamente documentato (1946-47) nel Leitz-Foto- Konstruktionen di Wilhelm Albert, geniale collaboratore di Oskar Barnack (vedi sotto)
 
 
 
 
 
 Il treppiede da tavolo TOOUG con il prototipo del piccolo accessorio estendibile e la testa snodabile FOOMI

The Leica History Literature

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E’ quasi inevitabile che quando ci si appassiona ad un apparecchio fotografico Leica, si abbia il desiderio di impadronirsi immediatamente della sua storia e la voglia di sapere ci porta alla ricerca di testi che possono arricchirci di notizie sulla sua realizzazione, sulle sue evoluzioni e sugli uomini che la crearono.
Malgrado siano stati pubblicati una quantità enorme di scritti non ci si rimane mai totalmente ripagati e, nonostante taluni sostengano che su di essa tutto è noto e niente c’è più da conoscere o da scoprire, la nostra curiosità richiede sempre un maggior sapere e questo mi ha spronato nella ricerca di elementi che mi potessero aiutare allo scopo.


La Leitz prima ancora della nascita della fotocamera di Oskar Barnack, a cui si deve il merito della progettazione e realizzazione della Leitz Camera ovvero Lei-ca, comprese l’importanza di informare e promuovere i propri articoli attraverso la pubblicazione in varie lingue, di stupendi cataloghi, pieghevoli, pubblicità e libretti di istruzione.


Nel corso degli anni ho raccolto una discreta quantità di materiale da cui poter attingere per soddisfare la mia curiosità e, oltre ad essere a volte dei semplici elenchi di articoli, essi si possono ritenere dei veri manuali di fotografia, ricchi di nozioni, consigli ed esempi fotografici, realizzati dai più famosi fotografi del tempo. Sfogliandoli ci si accorge che nulla è stato tralasciato, dall’uso dell’apparecchio sino al trattamento chimico della pellicola e della carta fotografica, toccando ogni branca dell’esteso sistema Leica.
 
Ultimamente questa letteratura, che non si è mai stanchi di ricercare, è stato oggetto di catalogazione che potete richiedere inviando una email a: fabriziopangrazi@gmail.com
 
Non esitate a inviarmi le vostre richieste per approfondimenti, condivisioni o specifiche ricerche sul materiale elencato.


Lenti addizionali per il Summar

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Le lenti addizionali per fotocamere Leica, furono introdotte dalla Leitz nell'anno 1927. Tre lenti di diverso valore diottrico che permettevano al primo modello prodotto della casa tedesca di effettuare, con l'obiettivo Elmar 5 cm f /1:3,5, riprese a breve distanza. Nel catalogo ufficiale furono inserite con i seguenti codici telegrafi:
ELPRO - Lente addizionale n° 1 per riprese da 100 cm. a 55 cm.
ELPIK -       "               "       n° 2  "        "      da   55 cm. a 39 cm.
ELPET -       "              "        n° 3  "        "      da  31 cm. a 26 cm.
Per l'obiettivo Hektor 5 cm. f/1:2,5, introdotto nel 1930, il diametro del portafiltri fu leggermente maggiorato e per questa focale furono necessarie tre nuove lenti addizionali con i seguenti codici:
HEPRO di valore 1,  HEPIK di valore 2 e HEPET di valore 3.




Nel 1933 fu prodotto il nuovo obiettivo Summar 5 cm. f/1:2, con  lente frontale e  diametro filettato molto ampi, che non permetteva di adottare le costose lenti addizionali acquistate in precedenza. Per ovviare a questa necessità, la Leitz produsse due anelli di raccordo che permettevano di adattare le stesse lenti anche sul nuovo obiettivo luminoso.
Identificati con l'incisione frontale "f. Hek"( per Hektor) e "f. Elmar " (per Elmar).
I codici assegnati per questi raccordi furono: VORGI per le lenti dell'obiettivo Hektor 5 cm. f/1:2,5 e VMCOO per la versione della focale Elmar 5 cm.



La Leica e le diottrie mancanti

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Nel 1955, la Leitz inserì nei propri listini un curioso accessorio realizzato per gli utilizzatori di fotocamere Leica, portatori di occhiali.
Il DIOOY è un piccolo disco rotante,composto da dieci fori occupati da nove lenti di correzione diottrica con valori che variano - 5 a +4 diottrie. La decima finestrella è vuota ed è contrassegnata dal valore zero. Il DIOOY poteva essere impiegato indifferentemente sia per gli apparecchi con attacco degli obiettivi a vite, come ad esempio le varie Leica II o III F, che per i nuovi apparecchi M3 con attacco a baionetta, realizzati appena un anno prima.
 
 
La rotazione del disco permetteva di misurare le diottrie mancanti e quindi ordinare alla Leitz la specifica lente di correzione da inserire nel proprio apparecchio Leica.
Dai listini dell’epoca, siamo informati della disponibilità di vari modelli di lenti di correzione relativi alla miopia, presbitismo e astigmatismo, per tutti i modelli prodotti fino alla metà degli anni '50.

 
Consultando il catalogo generale dei prezzi Leica nella versione italiana in vigore dal 1 aprile 1957, troviamo la disponibilità dell'accessorio DIOOY con la dicitura "Disco per la scelta delle lenti correttive" al costo, poco economico per l'epoca, di Lire 6.600. Per comparazione, nello stesso listino, il prezzo di un corpo macchina Leica III F è fissato a Lire 100.000 e un mirino ottico SBOII per obiettivi standard a Lire 6.500.
 

    Nella foto il listino del 1956 in lingua tedesca e sotto quello in italiano in vigore dal 1 aprile 1957,aperti alla pagina in cui vengono elencati i vari accessori per la correzione visiva tra cui il DIOOY.

Particolare delle pagine sopra citate con i riferimenti al "Disco per la scelta delle lenti corretive" al prezzo di 15 marchi e di 6.600 Lire !!
 
 
 Trovare elencato il DIOOY nel listino ufficiale, mi permette di pensare che quest’accessorio non fosse un “gadget” usato solamente dai rivenditori Leica per i propri clienti ma fosse possibile acquistarlo anche come privato.
Tutti modelli Leica costruiti anche dopo il 1955, tranne la Leica M5 e CL, potevano utilizzare il DIOOY.



 

La bibliografia di James L. Lager

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L'intera bibliografia di James Lager.



Alla fine degli anni '60, il giovane James Lager è in procinto di terminare i suoi studi alla Ohio State University. Qualche anno indietro gli fu regalato un apparecchio Leica III G che lo appassionò in una misura tale da organizzare, all'interno della stessa università, un gruppo di studio dedito alla storia e alla cultura del famoso marchio tedesco. Negli stessi anni frequenta il gruppo "Leica Collectors International", che in seguito sarà rinominato in LHSA  - Leica Historical Society of America. Finiti gli studi universitari, fu immediatante assunto nel 1971 presso gli impianti Leitz, con sede nella cittadina di Rockleigh nel New Jersey.

Anno 1971
Stabilimento Leitz di Rockleigh in New Jersey.
 


Primi anni '70.
Un giovane James Lager (quinto da destra con gli occhiali) con un gruppo di iscritti ai corsi Leica che si svolgevano nello stabilimento Leitz di Rockleigh in New Jersey.

 

Fu in questo periodo che Lager prese coscienza di quanta poca documentazione storica era a disposizione del collezionista Leica. Iniziò immediatante una intensa ricerca di materiale storico, raccogliendo ingenti quantità di vecchi cataloghi, brochure della casa, fotografie di apparecchi e qualunque tipo di letteratura che contenesse informazioni utili per il nuovo collezionista Leica. Fu nel 1975, per l'occasione dei cinquant’anni del marchio, che Lager realizzò il suo primo libro, intitolandolo "Leica - An Illustrated Guide", un’opera di 64 pagine in cui erano illustrate le principali creazioni Leica in cinquant’anni di produzione, variando dai primi apparecchi a vite fino alle  Leica M e reflex Leicaflex. Il successo della prima realizzazione spinse Lager a realizzare nel 1978 il secondo libro "Leica - An Illustreted Guide II" con sottotitolo "Lenses, Accessories & Special Models", composto di 256 pagine, che per la prima volta informava l'appassionato, con una vasta ricerca iconografica, dell'esistenza di una incredibile varietà di prodotti Leica. Seguì nel 1979, la pubblicazione del terzo volume della saga " Leica - An illustrated Guide III" dedicato agli obiettivi M e Leicaflex e i loro accessori. Nel 1980, ispirato da una analoga pubblicazione tedesca, diffonde la sua quarta opera dedicata alla letteratura Leica, il volume intitolato "Leica Literature", che raggruppa, nelle sue 512 pagine, la riproduzione di alcuni famosi cataloghi pubblicitari Leitz-Leica in lingua inglese. Dopo quest'ultima realizzazione, segue un periodo d’intensa ricerca e la pubblicazione su "Viewfinder", rivista  ufficiale dell'associazione americana, di importanti articoli dedicati alla storia del marchio. Nel 1993 è annunciata la futura uscita di tre nuovi volumi, di grande formato, ricchi di splendide immagini, sia in bianco e nero che a colori. Il primo volume dal titolo "Leica - An Illustated History - Volume I Cameras" fu messo in commercio lo stesso anno e fu dedicato esclusivamente alle fotocamere Leica. Seguì l'anno dopo, nel 1994, la pubblicazione del secondo volume dedicato agli obiettivi "Leica - An Illustrated History - Volume II Lenses" e successivamente fu pubblicato, nel 1998, il terzo volume dedicato agli accessori "Leica - An Illustrated History - Volume III Accessories"Nel 2006, con la collaborazione dell'italiano Luigi Cane, stampa un piccolo volume di 94 pagine, un’edizione molto limita e autoprodotta dedicata alla produzione Leica nel secondo conflitto mondiale. La ricerca, confezionata con una rilegatura plastica ad anelli,  riporta il titolo " Wehrmacht Leica".
Tutti libri sono stati pubblicati solo in lingua inglese.



James J. Lager
 
 



Castel S.Giovanni 8 Aprile 2000
Leica 75 Anni con interventi di J. Lager e G. Rogliatti
Il sottoscritto con James Lager


 




Leica - Illustrated Guide
anno 1975
64 pagine








Leica - Illustrated Guide  II
anno 1978
256 pagine




 


Leica - Illustrated Guide  III
anno 1979
96 pagine


 

Leica Literature
anno 1980
512 pagine
 
 

Leica - An Illustrated History
Volume I - Cameras
anno 1993
320 pagine

 
 

 Leica - An Illustrated History
Volume II - Lenses
anno 1994
320 pagine

 

 
 
 

Leica - An Illustrated History
Volume III - Accessories
anno 1998
352 pagine

 



Wehrmacht Leica
Anno 2006
94 pagine

 



La Leica Standard e il 28 mm.

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Leica "Standard" con obiettivo Hektor 28mm. f. 1:6,3, mirino SUOOQ in versione nera e il raro accessorio YSOOE.

La Leica "Standard" fu introdotta nel listino Leitz nel 1932, degna evoluzione della prime fotocamere Leica con obiettivo intercambiabile. Nei primi dieci anni di successi e di continue migliorie, la Leitz realizzò varie focali per i suoi  piccoli apparecchi e l'obiettivo Elmar 35 fu per un lungo periodo il grandangolare estremo a disposizione del fotografo Leica. Solo nel 1935, la casa tedesca  ampia la gamma dei suoi obiettivi con l'introduzione del nuovo grandangolare Hektor 28 mm. f 1:6,3, con cinque elementi ottici in grado di coprire una inquadratura di 76°.
 

Brochure del 1935 dedicate all'obiettivo Hektor 28mm.

 
 
La nuova focale Leitz, con codice telegrafico HOOPY per gli operatori commerciali fu prodotta fino al 1953. L'obiettivo Hektor 28mm. fu introdotto in versione nichelata tra i i numeri di matricola 250.000 e 275.000 e, al contrario di tutte le altre produzioni ottiche della casa, la sua matricola fu posta nel retro, leggibile solamente quando l'ottica non è avvitata al corpo macchina. Solo le ultime realizzazioni, intorno al numero di matricola 719000, riportano il seriale sull'anello frontale.
Per il suo corretto uso, nello stesso anno, la Leitz realizzo il mirino pieghevole SUOOQ in versione laccato nero e in versione cromata (SUOOQ-CHROM), presente nel catalogo Leica fino all'anno 1943.
Il nuovo mirino 28 mm. fu probabilmente concepito inizialmente per essere usato nelle slitte porta-accessori rialzate dei modelli Leica provvisti di telemetro incorporato, come i modelli  Leica II - III.
Per i possessori delle varie Leica "Standard, risultò immediatamente impossibile usare il nuovo mirino in accoppiata con la focale Hektor 28 mm. per via delle sue dimensioni e per il mirino fisso del corpo macchina che ostacolava l'introduzione del nuovo accessorio nella slitta adiacente.
 
Il piccolo accessorio YSOOE inserito nella slitta porta-accessori
 
Per ovviare a questo problema, la Leitz realizzò l'adattatore YSOOE, un piccolo accessorio che inserito nella slitta porta-accesori che, con i suoi pochi millimetri di altezza, permetteva il normale utilizzo del nuovo mirino Leica SUOOQ sul modello Leica Standard.
Il YSOOE è oggi un accessorio Leitz molto raro e, su di esso, la Leitz non ha inciso nessun marchio di identificazione.




Leica "Standard" in versione cromata e nera con i relativi mirini SUOOQ, impiegati correttamente su questo modello con l'adattatore YSOOE


 
I mirini 28 mm SUOOQ, ripiegati nelle versioni cromata e nera, fotografati con vari YSOOE per illustrare i vari lati del piccolo adattatore

 
 

 
 
 
 

Paraluce militare Leica per lo Stuka

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PARALUCE MILITARE LEICA PER LO STUKA
 
Testo e foto di Fabrizio Pangrazi
 
 

 
 
Per tutta la durata del secondo conflitto mondiale, l’aviazione tedesca utilizzò l’aereo Junker 87, meglio conosciuto come “STUKA”, parola derivante dalla sua principale caratteristica di proiettarsi in picchiata per bombardare con precisione i bersagli. Il velivolo, allo scopo di intimorire l’avversario, fu volutamente equipaggiato di una sirena azionata dalla forza dell’aria nella spericolata discesa. Anche la Regia Aereonautica Italiana ebbe in dotazione per un certo periodo, con il soprannome di “picchiatello”, i temibili Stuka per bombardare i propri obiettivi militari. Nel secondo conflitto mondiale, la Leica, per le sue consolidate doti di qualità e robustezza, fu utilizzata in modo massiccio da tutti i settori che componevano il maestoso esercito tedesco. La Luftwaffe, la prestigiosa aviazione Tedesca, fu la maggior utilizzatrice del famoso apparecchio, l’unico che si rendeva ampiamente affidabile in condizioni avverse, come le basse temperature registrate ad alta quota. La stessa, esigeva dalle missioni dei suoi piloti, un ampia documentazione fotografica che potesse, oltre che convalidare il loro operato, ritornare utile per la propaganda nazionalistica e per le proprie strategie militari. Alla fine dell’anno 1941, Wilhelm Albert, che fu in passato uno stretto collaboratore di Oskar Barnack, ebbe l’incarico di assemblare un particolare paraluce da impiegare con la fotocamera Leica III C in combinazione con l’obiettivo Summitar 50 mm. f/1:2 e l’avanzamento rapido SCNOO-C, per essere impiegato dall’equipaggio degli aerei STUKA.
 

 

 


 
 Per l’attuazione di questo particolare accessorio, Albert fu sicuramente ispirato dal paraluce pieghevole SOOPD e dalla borsa speciale EPZOO, costruendoci attorno un robusto involucro aereodinamico, parzialmente aperto, in alluminio pressofuso. Lo scopo di tale realizzazione era quello di poter fornire una attrezzatura in grado di essere utilizzata con maggior stabilità in presenza di forti vibrazioni prodotte dal velivolo ed evitare noiose diffrazioni di luce causate dai vetri arrotondati dell’abitacolo dello STUKA. L’accessorio era studiato per essere impugnato con maggior sicurezza dai grossi guanti degli aviatori e per essere utilizzato con estrema facilità anche da quei copiloti a digiuno di tecnica fotografica. Non abbiamo certezze che il paraluce ideato da Albert sia stato dato in dotazione ai piloti della Luftwaffen e con grande probabilità il manufatto rimase  solo allo stato di prototipo. Il paraluce originale, che ho la possibilità di illustrare, ci permette per la prima volta di osservare il vero colore grigio-verde che fu utilizzato per la verniciatura. Non riporta numeri  che possano ricondurre ad una commessa militare. Questo rarissimo e sicuramente unico esemplare “finito” fu ritrovato alla fine degli anni ’60 nei magazzini della stessa Leitz e salvato dalla rottamazione insieme ad alcuni esemplari semilavorati.
Con essi è stata rinvenuta la piastra originale in ottone che fu impiegata per trascrivere con il pantografo in rapporto 1:10 le incisioni sulla superficie del paraluce. Su di esso la scritta in lingua tedesca “ Sonneblende fur Luftaufnahmen Objektiv Summitar f  5cm 1:2” (paraluce per riprese aeree con l’obiettivo Summitar f 5 cm 1:2) ne indicava chiaramente il campo di impiego.

 

La speciale borsa EPZOO, permetteva di ospitare l’apparecchio Leica corredato di obiettivo Summitar e l’avanzamento rapido SCNOO. La fotocamera veniva assicurata alla borsa con una speciale manopola, dotata si serraggio a baionetta. La stessa soluzione fu adottata per il paraluce militare.
 



Insieme al paraluce, fu rinvenuta la targa in ottone utilizzata nella fabbrica di Wetzlar per incidere con esatto rapporto di scala, le scritte identificative.


 
 
 
 
 
 
Nelle immagini che seguono si cercherà di mettere a confronto la realizzazione finale e i semilavorati salvati all’epoca dalla rottamazione

 
 
 

In queste immagini il paraluce semilavorato. La sua verniciatura e le incisioni differiscono dal paraluce sono opera di un successivo restauro dello storico Gianni Rogliatti.


 
 

In questo confronto,  si può osservare lo spessore della pressofusione in alluminio che nell’esemplare “finito” è stato notevolmente assottigliato con abile fresatura.


 

All’interno del paraluce semilavorato si possono notare le unioni dell’assemblaggio e le tracce di residui di lavorazione
 
 
 
Il paraluce SOOPD applicato all’obiettivo Summitar. L’interno del paraluce per lo STUKA ne riporta le affinità.


 
 

Vista frontale del paraluce che evidenzia la sua linea aereodinamica. Il vano per l’obiettivo dell’esemplare “finito” è verniciato con finitura grigio scuro per attenuare le riflessioni della luce.
Due immagini che mettono in evidenza le differenze estetiche dei due esemplari. Il foro filettato alla destra del paraluce poteva accogliere una seconda manopola da impiegare quando veniva sostituito il dispositivo di avanzamento rapido con il fondello standard.



Le viste laterali ci evidenziano l’ulteriore lavorazione di fresatura per l’esemplare in versione definitiva (foto sopra). Questa operazione fu sicuramente ritenuta idonea per migliorare l’impugnatura dell’apparecchio fotografico con i guanti indossati dall’aviatore.


 
Il disegno originale del 25 giugno 1942, ci permette di constatare gli esatti dettagli che si riscontrano nell’esemplare definitivo.


 
 
Nel modello semilavorato, l’asola che accoglie l’attacco per il treppiede riporta una forma più squadrata del modello definitivo. Questo particolare non può essere opera di ulteriore fresatura e la sua differenza può farmi pensare che i semilavorati siano la realizzazione di un secondo progetto.
 
 

La manopola per il serraggio del modello semilavorato, pur essendo originale dell’epoca, riporta una godronatura meno rifinita dell’esemplare definitivo.

 
La targhetta avvitata all’interno della particolare custodia, riporta la scritta “Objektiv auf unendlich stellen Filter erst aufschrauben, dann Leica einsetzen” ( Portare la ghiera della messa a fuoco nella posizione infinito, prima di usare la Leica). La targhetta e l’iscrizione all’interno del paraluce definitivo è originale e scritta con un tipo di carattere usato dalla Leitz per le varie iscrizioni sui propri prodotti. Mentre nel pezzo semilavorato viene riportata una ricostruzione di Gianni Rogliatti, poiché i vari pezzi ritrovati in fabbrica ne erano privi.
Anche per la iscrizione interna, fu ritrovata la targa originale in ottone, che riporta la scritta con un tipo di carattere differente da quello impiegato per incidere il modello definitivo. Probabilmente fu realizzata successivamente (1942?) per assemblare un secondo progetto.

 
 

 


Ulteriore opera di fresatura intorno all’anello interno che accoglie l’ottica. Evidente la mancanza di tale lavorazione nell’esemplare non ultimato.
 

Una serie di paraluci semilavorati che furono restaurati da Gianni Rogliatti.
In origine, quando furono ritrovati in fabbrica, erano in forma grezza, senza verniciatura e privi di iscrizione. La vicenda fu scritta dallo stesso Rogliatti che scrisse, firmandolo personalmente, un documento di garanzia, da allegare ad ognuno di questi preziosi reperti.
Malignamente, malgrado le testimonianze dirette, qualcuno pensa ancora oggi, che queste realizzazioni siano frutto di una ricostruzione contemporanea tutta italiana. Ma la storia è vera al 100% !
 
Qui di seguito riporto lo scritto di Rogliatti, redatto in lingua italiana e inglese
 
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I miei Summicron sono radioattivi?

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I miei Summicron sono radioattivi? Finalmente ho potuto misurarli per verificare se tra le lenti esiste un'attività radioattiva. Le mie rilevazioni non vogliono essere niente di scientifico ma semplici curiosità, svelate grazie all'impiego di un piccolo dosimetro amatoriale.
Per commentare i dati e le immagini,  eseguite quasi per gioco, mi sono rivolto all'amico Marco Cavina,  esperto conoscitore del tema in quanto in passato ha effettuato approfondite ricerche in proposito.
 
Vi consiglio vivamente di leggere i suoi innumerevoli articoli tra cui :
 
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Gli obiettivi sono stati misurati con un dosimetro che ha indicato un background di fondo per l'ambiente pari a 42 CPM (cioè counts per minute, ovvero particelle nucleari misurate sull'unità di tempo di 1 minuto; lo switch consentirebbe anche di misurare con scala di riferimento in microSievert su ora);
 
 
 
I tre Summicron 50 mm f.2 utilizzati per la nostra ricerca. Si noti ai due estremi, i due esemplari con l'evidente ingiallimento delle lenti frontali,
 
 
l'esemplare più recente, matricola 1.114.422, risulta praticamente inerte, con due misurazioni da 43 CPM e 51 CPM, sostanzialmente sovrapponibili al background ambientale (piccole variazioni rientrano abbondantemente nella tolleranza dell'apparecchio e risentono anche della posizione, della distanza dal soggetto, etc.);
 
 
 
viceversa, gli esemplari più tardi mostrano letture decisamente più alte ed incompatibili con fattori ambientali "passivi": il Summicron matricola 1.041.603 fornisce - nella parte anteriore - una lettura di 1.391 CPM e l'esemplare quasi coevo con matricola 1.041.319 una misurazione da 1.474 CPM, sempre riferiti alla parte frontale dell'obiettivo.
 
 
 
 
 
 
 
In quest'ultimo caso si tratta di una lettura pari a circa 35 volte il background di fondo, il che rivela un'attività apprezzabile; come termine di riferimento indiretto, il mio esemplare del noto obiettivo SMC Takumar 50mm f/1,4 a vite 42x1mm prodotto dalla Asahi Kogaku ad inizio anni '70 (famoso per la sua apprezzabile radioattività) fornisce sulla lente posteriore una lettura pari a circa 180 volte il background di fondo, cioè più o meno 5 volte in più rispetto al Summicron 5cm f/2 in questione.
 
 
 
Naturalmente, per definire una eventuale ed ipotetica situazione di "rischio personale", queste "misurazioni" vanno contestualizzate; è noto che, nella maggioranza dei casi, l'attività nucleare negli obiettivi fotografici è dovuta alla presenza di ossido di torio, usato per lungo tempo nei vetri ottici Extra Dense Crown (SSK) per fornire valori rifrattivi prossimi ad 1,7 ed una dispersione ridotta, con numero di Abbe superiore a 50: il torio in amalgama nel vetro, dopo alcuni lustri decade in isotopi in stadio più "eccitato" rispetto a quello di partenza, con particolare riferimento al Tallio-208 che ha un half-decay molto rapido ed una emissione cospicua, responsabile anche delle "modificazioni metamittiche" che caratterizzano il vetro (il classico ingiallimento, con viraggio cromatico verso il giallo-bruno).
 
il nocciolo della questione sta nel fatto che queste emissioni nucleari sono composte da particelle di classe Alfa, Beta e Gamma: le prime due vengono fermate da anche da schermi inconsistenti, come un foglio di carta, e difficilmente riescono a penetrare in profondità nei tessuti viventi anche stando a contatto, quindi non sono pericolose; ben altro discorso per le particelle Gamma, molto penetrative ed in grado di superare anche schermi metallici di notevole spessore ad una certa distanza: la continua e forte esposizione a queste ultime è sicuramente da sconsigliare.
 
Ebbene, i dosimetri semplificati che vengono solitamente impiegati amatorialmente per queste misurazioni forniscono una lettura cumulativa, senza specificare ulteriormente la cernita dei tre tipi di particelle: in questo modo due misuazioni assolute identiche (ad esempio: 500) non forniscono una indicazione reale sull'eventuale "pericolosità" del soggetto misurato, dal momento che in quel novero complessivo potrebbero essere presenti moltissime particelle Alfa e Beta, sostanzialmente innocue, o viceversa numerose del tipo Gamma, preconizzando un rischio ben maggiore.
 
 
L'unica cosa certa è che i due Summicron 5cm f/2 più datati contengono elementi che forniscono inequivocabilmente una emissione attiva; fino a questo momento le ricerche di chi scrive avevano appurato come, inizialmente, alla Leitz fosse stato utilizzato un vetro ottico di origine Chance Borthers e concepito a fine 1943, in piena guerra; tale vetro tipo 691458 sarebbe stato utilizzato nella serie prototipica Summitar* e nei primi Summicron di preserie, fino all'incirca alla matricola 922.072 e, curiosamente, conteneva già un 18,4% di ossido di Lantanio ma anche il 13,5% di ossido di Torio, responsabile della radioattività; successivamente, i chimici Broemer e Meinert della vetreria di Wetzlar misero a punto il vetro Leitz 694545, passato poi alla storia come LaK9, che fa uso esclusivo di ossido di Lantanio, teoricamente non radioattivo.

Tuttavia il lantanio veniva raffinato partendo da sabbie alluvionali birmane a base di Monazite, un fosfato di lantanio, ittrio, cerio e torio, elementi che formano legami molecolari tali da rendere difficile la separazione di uno dall'altro, per cui i primi lotti di vetro 694545 / LaK9 prodotti a cura della stessa Leitz presentano casi randomici di blanda radioattività dovuta all'imperfetta raffinazione del lantanio impiegato; questo vetro fu utilizzato sui Summicron (leggermente ricalcolati per adattarli al nuovo materiale, simile ma non identico al vetro Chance Brothers) a partire dalla matricola 993.000 e per circa 40.000 matricole a seguire sono stati segnalati casi di blanda radioattività, senza uno schema ricorrente.

Le ottiche discusse in questa sede suggeriscono due interrogativi: da un lato la loro matricola supera 1.041.000, quindi eccede i lotti entro i quali, finora, erano stati individuati questi esemplari leggermente radioattivi, spostando quindi il riferimento temporale; in seconda istanza, la "radioattività" misurata, sebbene in termini assoluti non pericolosa (è appena 3,5 volte superiore di quella ambientale che possiamo rilevare in contesti sfavorevoli come, ad esempio, i paesini laziali costruiti sul tufo vulcanico), è marcatamente superiore a quella finora misurata sugli esemplari di Summicron a cavallo del milione, quelli il cui lantanio risultava sporadicamente contaminato da tracce di elementi attivi, quasi come se il vetro utilizzato adottasse una quantità di ossido di torio così alta da essere voluta, cosa peraltro esclusa dalla composizione chimica del vetro LaK9, miscelato con un 41,2% di ossido di boro ed alluminio, un 46,6% di ossido di lantanio ed il rimanente coperto da ossidi di elementi bivalenti (calcio e magnesio), con esclusione categorica di materiali radioattivi.
 
 
Da questo possiamo desumere due cose: o in questi specifici esemplari la contaminazione del lantanio raffinato è superiore alla media oppure il dosimetro utilizzato per le misurazioni tiene conto di ogni particella nucleare percepita, compreso le più blande ed innocue, fornendo una lettura più "ansiogena" del dovuto; resta comunque interessante la constatazione che i Summicron 5cm f/2 leggermente attivi si spingono ben oltre la matricola 1.041.000.
 
(Marco Cavina)
 
  
 
 
Un caloroso ringraziamento al caro amico Marco Cavina 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

 

 

 

 

 

 

 
 

The Marchioni Brothers - Dal cono gelato al treppiede Leitz

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Vodo di Cadore è una piccola località adagiata tra i massicci dolomitici nella provincia di Belluno.  Da questo luogo, alla fine del ‘800, emigrarono per gli Stati Uniti i cugini Franco e Italo Marchioni. Specializzati nella produzione e distribuzione di gelato artigianale, unirono le loro esperienze aprendo una piccola società a New York, proponendo il loro delizioso prodotto nella zona di Wall Street di Manhattan. 
 





 
Il logo della gelateria Marchioni che per ragioni commerciali riporta il cognome italiano in versione anglo-sassone.
 
La scritta, riferendosi al gelato illustrato cita la frase: "degno di un re !"
 


 
 
I cugini Marchioni vendevano il loro gelato direttamente in strada con i loro carretti, servendoli com’era consuetudine all’epoca, in fragili bicchieri di vetro.  Il vuoto a rendere, era un fattore di spesa che gravava in modo considerevole alla piccola  impresa e la loro creatività li portò a inventare un contenitore conico, prodotto con deliziosa cialda commestibile. Inventarono il cono gelato, ma ben presto la società si divise ed entrambi i cugini si occuparono di registrare il loro brevetto. Il primo fu Franco che nell’anno 1902, con il brevetto N°701776, registrò un “apparecchio per la cottura di biscotti per gelato, mentre nell’anno successivo troviamo il brevetto del cugino Italo Marchioni N°746971, che fece brevettare un “macchinario in grado di produrre coni di pasta”.

A quel punto cominciò una lite nella famiglia Marchioni. Franco accusò  Italo di violazione del brevetto. Il giudice stabilì che Italo aveva ri-brevettato il cono senza aggiungere nulla di nuovo, dando quindi ragione al cugino Franco.
Franco Marchioni e la moglie Angela emigrarono a New York nel 1898 ed ebbero otto figli: Cesare (1900), Marco (1901), Riccardo (1904), Fiorenza (1908),  Giovanni (1910),  Elena (1911) Dora (1914)  e Maddalena (1917).

Nel 1912, sebbene gli affari fossero cresciuti considerevolmente,  la numerosa famiglia rientra in Italia, nel paese natale di Vodo di Cadore, dove i genitori speravano che i loro figli potessero condurre uno stile di vita tradizionale nel loro villaggio ancestrale. Nel 1914, forse anche a  causa del conflitto bellico, la famiglia rientrò nuovamente a New York. Gli affari andavano molto bene e permettero ai Marchioni di traslocare in una nuova e più confortevole residenza situata a Rutherford, nel New Jersey.

I due fratelli maggiori, Cesare e Marco, lavoravano nell’azienda di famiglia e nel tempo libero coltivano i loro interessi personali.  Cesare era attratto particolarmente dalla fotografia, mentre Marco era dotato di un particolare estro artistico e si dedicò al disegno industriale.

 
 
 

I fratelli Cesare e Marco Marchioni ritratti all'interno del loro laboratorio, con il  treppiedi TINTALL.


Negli anni della depressione, anche una florida azienda come quella dei gelati dei Marchioni vide precipitare le proprie finanze e fu allora che i due fratelli iniziarono a cercare il modo per aumentare le loro entrate con nuove idee.Cesare, sempre più impegnato nel campo della fotografia, non trovando adeguato il suo treppiede della fotocamera alle proprie necessità,  realizzò con l'aiuto del fratello Marco, una nuova e rivoluzionaria testa snodabile.  Investendo tutti i loro risparmi, aprirono una piccola officina dotata di piccoli macchinari in grado di produrre in serie la loro nuova realizzazione.


La vendita della loro testa per treppiede fu effettuata affidandosi al sistema “porta a porta”,  che consentì  ai “Marchioni Brothers” di ricevere immediati riconoscimenti, superando indenni il periodo della recessione americana.  L'azienda, negli anni '30 crebbe sempre di più, fino al secondo conflitto mondiale, quando la loro attività ricevette una battuta di arresto per la mancanza della materia prima e le loro competenze furono necessarie per lo sforzo bellico.


Al termine del conflitto, i due fratelli decisero di incrementare i loro affari con la progettazione  di un nuovo treppiede in alluminio idoneo ad accogliere l’affermata  testa snodabile. L’idea di poter offrire un prodotto completo si concretizzò, dopo una lunga sperimentazione, nel 1946 con il montaggio del primo modello, che fu chiamato TINTALL.  La realizzazione di serie  iniziò nel garage di famiglia a Rutherford , pubblicizzando il prodotto direttamente nelle riviste del settore fotografico.  Gli ordini arrivarono subito copiosi, e la fama dei robusti treppiedi TINTALL raggiunse in poco tempo  tutto il continente Americano.

 

Particolare del treppiede con in evidenza la targhetta identificativa. In essa compare il nome dei loro creatori e la sede produttiva di Rutherford.
 
I fratelli Marchioni dovettero assumere cinque operai per poter evadere tutte le commesse e in pochi anni la produzione crebbe alla considerevole cifra di 5000 pezzi annui.  Dal 1946 al 1973, la produzione dei TINTALL fu sempre  curata direttamente dai Marchioni, che volutamente ne hanno limitato il volume produttivo per seguire personalmente tutte le fasi lavorative che assicurassero un prodotto di alta qualità.

Un treppiede Tintall prodotto dai fratelli Marchioni prima del 1973 con una Leica III C post-bellica.
Photo per My Leica Historica di Jay Javier (Filippine)
  

All’inizio del 1973, la direzione della Leitz di Rockleigh nel New Jersey, conoscendo molto bene la reputazione dei treppiedi TINTALL, propose l’acquisto  del marchio e dell’intera produzione. Cesare e Marco Marchioni, ormai anziani, erano da tempo alla ricerca di partner in grado di continuare la tradizione e l’opportunità di poterla cedere alla famosa casa tedesca fu ritenuta la migliore soluzione.
 

 Dopo la vendita alla Leitz, la targhetta simile alla  versione "Marchioni" riporta i nuovi estremi societari
 
Pubblicità Leitz- Leica apparsa nei giornali di settore alla fine degli anni '70. 
Per esigenze logistiche, l’attività produttiva fu spostata da Rutherford alla Leitz di Rockleigh, dove gli stessi Marchioni addestrarono il personale e per due anni, fino al 1975, ne seguirono la fabbricazione.
 

Un treppiede Tintall- Leitz in finitura nera
 
La Leitz di  Rockleigh nel New Jersey, mantenne con successo il marchio e la produzione per soli pochi anni, fino a quando decise di cederli nei primi anni ‘80.
 
 Particolare di un treppiede Tintall- Leitz in finitura cromata.
 

La prima brochure Leitz dedicata ai nuovi treppiedi Leitz, in cui viene raccontata la storia dei fratelli Marchioni.
Piccola nota conclusiva:
il comune di Vodo di Cadore,  in possesso di poche informazioni sulla famiglia Marchioni, incarica una ricerca che stabilisca la storia di questi suoi concittadini. Nel mese di Marzo  2013, la piccola località inaugura  un monumento che riproduce un grande cono gelato, dedicandolo ai suoi creatori.
 
 
Una vista della testa del treppiedi in versione Tintall-Leitz
 
 
l'ultima brochure del 1981 dedicata ai "Tripods" Leitz

 
 
 

 
 

La Leica Standard New York e le ottiche Leitz - Wollensak

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La Leica Standard New York e le ottiche Leitz - Wollensak
 


  

La Leica Standard è stato il modello più longevo costruito dalla Leitz. Prodotto in versione nera e cromata dal 1932 al 1958. Esiste una versione riconosciuta come LEICA STANDARD NEW YORK, chiamata così perchè si è sempre pensato che fosse stata costruita nello stato Americano nell'immediato dopoguerra. In realtà il modello fu semplicemente assemblato negli USA, partendo da corpi destinati al modello III, con pezzi provenienti da Wetzlar. Fu una scelta obbligata, in un periodo di scarsa reperibilità di fotocamere Leica da una Germania disastrata dalla guerra, per soddisfare la grande richiesta del mercato americano.
Leica Standard "New York" matricola 355220 con obiettivo Wollensak Velostigmat 50mm. 1:3,5 con scala di messa a fuoco  in "feet" (matr, N°510141)

Questo modello postbellico, che si riconosce per il coperchio circolare metallico che ricopre il vano del selettore per le lunghe esposizioni, fu prodotto tra le matricole 355001 e 355650.

La matricola su questi apparecchi  non è preceduta da nessun simbolo, ne "Nr", "N°" o "N.". Nessuna Leica a vite, precedente o successiva, presenta questa particolarità. Un mistero ancora da risolvere.

 


Un articolo tratto dal numero 2 dell’estate 1948 di Leica Photography

in cui si accenna la provenienza tedesca della Leica Standard Postbellica.
 
Qui di seguito la traduzione in Italiano:
 

 
"In risposta a molte richieste da parte di scienziati e tecnici di laboratorio, cha hanno manifestato la necessità di un secondo corpo Leica, abbiamo organizzato l’importazione di un piccolo lotto di Leica, modello Standard, da Wetzlar. Saranno equipaggiate di ottica 50mm americana, F:3,5 disponibile solo azzurrato, reperibili prezzo rivenditori autorizzati al prezzo di listino di $199.50**, tasse incluse.


Questa Standard post-bellica, una versione migliorata del modello del 1940, è ora provvista di occhielli per cinghia e prevede anche la possibilità per l’installazione del meccanismo dei tempi lenti, se il proprietario dovesse richiedere questa caratteristica in futuro. Le velocità dell’otturatore vanno da 1/20 a 1/500, compresa la posa B. Esposizioni prolungate possono essere ottenute bloccando la vite sullo scatto flessibile, con l’otturatore posizionato su Z"

 

**Nello stesso anno una Leica IIIC con ottica Leitz Elmar 50/3,5 costava $332.50
 
Due immagini di una Leica Standard Postbellica con matricola 355455 e obiettivo Wollensak Velostigmatic 50mm 1:3.5 con scala di messa fuoco in "feet".
Si noti il coperchietto frontale rivestito di vulcanite, solitamente questi esemplari ne erono privi. Inoltre la stessa vulcanite era del tipo "Snark-Skin" (pelle di squalo)

 

La fotocamera Leica Standard veniva venduta di serie con l'obiettivo Wollensak Velostigmat 50 mm f/1:3,5 (cod. LELEL - cod. numerico americano N°65625). L'obiettivo era assemblato con pezzi provenienti dalla Leitz in Germania, mentre la parte ottica era fornita dall'industria ottica americana Wollensak.
Le ottiche disponibili erano tre, oltre al 50mm era disponibile un Velostigmat 90 mm 1:4,5 (LELXC /n°65675) e un Velostigmat 127 mm  1:4,5 (LELCP / n° 65685)
La progettazione di queste ottiche fu avviata alla fine del secondo conflitto mondiale, quando gli Stati Uniti erano ancora in guerra con la Germania. Questa decisione, fu necessaria per sopperire alla scarsa reperibilità di ottiche tedesche, sia durante che dopo la fine delle ostilità. Furono disponibili per pochi anni fino al 1949.
 
 
 
Un libretto di istruzione datato 1945 per la Leica III, stampato a cura della Leitz New York, con la l'annuncio nell'ultima pagina della disponibiltà di ottiche Leitz "tutte americane" per le forze armate degli Stati Uniti.





"ALL - AMERICAN - MADE
Leica Cameras ... Lenses... Finders... Accessories...
now being manufactured by American craftsmen inthe United States for the Armed Forces. Modern American Methods of precision construction and the use of the best materials result in fine Leica products which perform perfectly under all conditions. They stand up under the lounghest usage and they give the photographer the superlative result always associated with the Leica."


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La copertina della brochure Leitz New York n°1341 del 1948 con all'interno le informazioni sulle ottiche "Americane"
 

 

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Le quattro pagine della brochure Leitz New York n°1343 del 1948 dedicatate alle ottiche Leitz- Wollansak
 

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Listino Leitz New York del novembre 1948 con codici e i prezzi delle ottiche Leitz- Wollensak




L'amico Jay Javier mi ha inviato le immagini di questo curioso esemplare n°487401, rinvenuto nelle Filippine con scala di messa fuoco espressa in metri. Normalmente, tutti gli esemplari Wollensak Velostigmat 50 mm. erano forniti con scala in "Feet".
Ci viene segnalato che altri esemplari (almeno un paio), con la stessa caratteristica, sono presenti sempre nelle Filippine.
Nell'epoca dell'occupazione americana, in questa nazione veniva utilizzata l'unità di misura anglo-sassone. Il mistero rimane irrisolto !






Un particolare ringraziamento ai cari amici Stefano Pagliarani, Paolo Folzani e Jay Javier

Leica Historica Germany in Italia (2013)

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VENERDI' 18 OTTOBRE 2013

Visita del Gruppo di LEICA HISTORICA TEDESCO al Prosciuttificio Greci & Folzani di Felino (PR).

 

La varie fasi della stagionatura dei famosi prosciutti di Parma viene commentata agli ospiti tedeschi da Paolo Folzani. Al termine della visita, oltre al gradito assaggio del prodotto, viene preparata una "appetitosa" sorpresa tutta Leica da parte di alcuni amici di My Leica Historica.

Un particolare ringraziamento per la bellissima giornata a  Paolo Folzani, Rubes Neri, Diego Cabassa e Paolo Corti.

Alla prossima !!!

 

GALLERIA FOTOGRAFICA

( Cliccare sulla fotografia per ingrandire)
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 


CALENDARIO 2014 My Leica Historica

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Cari Amici di My Leica Historica, è disponibile per voi il Calendario 2014 del blog. La realizzazione è interamente dedicata al sistema Leica passo a vite, con immagini di apparecchi unici e rarissimi. File PDF in alta definizione scaricabile al link:



Dear Friendsof MyLeicaHistorica, is available for youonthe blogin 2014Calendar. The realizationis entirely dedicated tothe Leicascrewstep, with pictures of unique andrareequipment. PDFfilesin high definition from this link:

https://drive.google.com/file/d/0ByI_HJiA_xqqUnpnbkpJeHprSzg/view?usp=sharing
 
 
 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

Al riparo della luce

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La fotocamera Leica nei primi anni della sua produzione era sinonimo di piccolo rivoluzionario apparecchio fotografico, limitato dalla impossibilità di sostituire l’obiettivo, perciò denominato ad ottica fissa.Affiancavano la fotocamera, un modesto ma significativo quantitativo di accessori, che ne ampliavano il campo di utilizzazione.Sfogliando i vecchi cataloghi editi nella seconda metà degli anni venti, possiamo constatare i primi sforzi della Leitz nel creare attorno al proprio apparecchio una serie di strumenti destinati alla ripresa fotografica ma anche al trattamento e la stampa del negativo come il riproduttore per la stampa a contatto, ingranditore e tank di sviluppo. Mentre per l’utilizzo sul campo erano disponibili pochi ma significativi accessori, telemetri, testa a snodo per cavalletto , testa panoramica, staffa per fotografie stereo. Incontriamo inoltre degli accessori dedicati principalmente all’impiego della fotocamera per le brevi distanze, tra cui pieghevoli e trasportabili stativi per la riproduzione e lenti addizionali.Nel 1931 la Leica venne resa più versatile quando fu dotata della intercambiabilità degli obiettivi. Un evento molto sospirato fino ad allora dai primi estimatori del marchio e di cui mai la casa tedesca aveva ignorato le supplichevoli richieste. Di conseguenza vennero a crearsi nuove esigenze per i nuovi campi di utilizzazione della piccola Leica. Frenetica fu l’attività da parte dell’azienda nello sviluppare e produrre soluzioni adatte a migliorare le condizioni di utilizzo del proprio apparecchio. Si rimane impressionati e meravigliati nel consultare e studiare la notevole quantità di prodotti immessi nel mercato negli anni che anticiparono il periodo bellico.Non fu trascurato nessuno dei campi di specializzazione è ad ognuno di essi si proposero varie soluzioni di accesso. A tal proposito risulta particormente piacevole divulgare e condividere le informazioni raccolte con quanti trovano anche nella più apparente e poca applicabilità di un particolare accessorio, motivo di elogio la creatività e imprenditorialità della Leitz. Alcuni di essi a volte creano inspiegabili attrazioni… Il caso e la fortuna mi indirizzano all’incontro e l’inevitabile analisi dell’oggetto che in queste pagine, avremo modo di osservare.Apparentemente si potrebbe pensare di ritrovarsi davanti a un vetusto astuccio per sigari cubani o ad un elegante contenitore per scrivania, ma la sua reale utilizzazione risiedeva nei locali adibiti a camera oscura.
Con codice PBOOC, venne inserito nel nutrito listino Leitz del 1936, e descritto come Paper Box, ovvero contenitore per carta. Verniciato di nero opaco e costruito interamente in legno, alla base ha 4 piedini di gomma di colore rosso che assicurano la sufficiente aderenza al tavolo di lavoro. L’assemblaggio del manufatto dichiara l’origine artigianale di abili falegnami ai quali la Leitz ne affidava la realizzazione. Nella parte superiore l’etichetta metallica riporta l’inconfondibile logo Leitz.
All’interno anch’esso rigorosamente verniciato in nero opaco e diviso da 4 alloggiamenti, trovano posto i fogli di carta sensibile di vario formato, il maggiore di esso poteva contenere il formato di 18x24 cm. La serrandina listellata, opportunamente rivestita al suo interno di tessuto nero, consentiva alzandola di accedere al contenuto e rilasciandola, di ritirarsi automaticamente, escludendo la possibilità di eventuali esposizioni di luce che danneggiassero il prezioso materiale.Nel 1939 vengono proposti presumibilmente solo per mercato americano due nuove versioni che differivano con la precedente per la possibilità di contenere formati di carta maggiori. Troviamo conferma e la sola citazione in un famoso catalogo Leitz New York n°1275 del 1939, in cui vengono codificati come PBAAG per il formato massimo contenuto di 20x25 cm. e PBEED per il 24x30cm. Il ritrovamento di solo uno di questi “contenitori” è da considerarsi molto raro e dovuto probabilmente ad una esigua produzione o ad una scarsa conservazione oltre che conversioni avvenute nel tempo a diversificati utilizzi.La complessiva produzione delle tre diverse versioni del “paper box” nella numerosa letteratura moderna dedicata al marchio Leitz, viene accennata nelle proprie opere solamente da un unico autore, il torinese Gianni Rogliatti.
 
Attribuibile ad un fortuito ritrovamento, dobbiamo affiancare ai modelli elencati due versioni sconosciute. Di dimensioni minori delle precedenti ma esteticamente identica, entrambe prive di divisori interni.
La versione più piccola è concepita per contenere i fogli di formato 13 x 18 cm.; mentre la seconda versione può contenere il formato massimo di 18x24cm. Naturalmente non possiamo attribuire alcun codice, poiché a oggi, nessuna traccia della loro esistenza è stata rinvenuta nei documenti della Leitz.
 
La singolare scoperta non puo essere considerato un fatto isolato nel mondo del marchio tedesco, la cui vasta produzione e diversificazione continuera a stupire ancora per molto tempo a chiunque avrà la passione e la volontà di conoscerla.
 
 
 
 
 
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I mirini "Torpedo" Leica

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Foto di gruppo di venti differenti versioni del mirino universale "Torpedo"

 
I primi  mirini universali Leica sono conosciuti come Torpedo per la forma a siluro che li caratterizza. Sono stati indrodotti nel 1931 e la prima brochure ufficiale fu stampata nel mese di marzo dello stesso anno. Questa consisteva in un documento di quattro pagine pubblicato in lingua tedesca dedicato al primo mirino con codice telegrafico Leitz VISOR.

 
 Mirino VISOR con cornici interne per obiettivi di focale 35 - 50 - 135 mm.
A destra la prima rara versione con oculare più piccolo del modello VISOR successivo,  a sinistra della foto.
 
 
Il mirino universale VISOR recava al suo interno tre cornici corrispondenti alle inquadrature delle prime focali, prodotte per il "sistema Leica" ovvero gli obiettivi Elmar 35 - 50 e 135 mm.
Dalla letteratura ufficiale Leitz veniamo informati che i mirini "Torpedo" furono prodotti in almeno 20 differenti versioni,  ma sono conosciute  e rinvenute anche versioni "fuori catalogo".
 
La lista che elenca l'intera produzione ufficiale dei "Torpedo", compresa la versione dedicata alle riprese cinematografiche.
 
 
Un quantità tale scoraggerebbe anche il più incallito collezionista nel dedicarsi ad una ricerca così complessa  ma ho avuto la fortuna di poter documentare una delle raccolte più importanti di questi meravigliosi accessori.
L'immagine riprodotta da questi mirini risulta capovolta ed è possibile selezionare il formato orizzontale e verticale con la rotazione della ghiera zigrinata.
 
 
  Vista posteriore del mirino VISOR con l'indicatore del formato nella posizione orizzontale
 
 
L'intera progettazione dei vari modelli fu eseguita in nemmeno due anni, terminando nel 1932 con l'introduzione del mirino VIDOM, con cui continuò ad essere commercializzata sino alla fine dell'anno 1936.
Il fotografo Leica poteva scegliere il modello di mirino "Torpedo" a lui più congeniale in base al suo corredo ottico. Nei primi anni '30 la Leitz introdusse nuove focali come gli obiettivi Hektor 73 mm. e Elmar 105 mm.
 
 
ad essi veniva puntualmente affiancato un nuovo mirino, con le focali corrispondenti. Queste due nuove realizzazioni contribuirono sostanzialmente a far crescere il numero di versioni per questa tipologia di accessorio ottico.
Inizialmente tutti i "Torpedo" erano forniti con verniciatura nera e privi del dispositivo per la correzione del paralasse, in seguito furono disponibili quattro modelli dotati di tale regolazione, in versione sia nera che cromata, idonea ad essere combinata con le nuove fotocamere Leica con lo stesso rivestimento.
 


La Leitz realizzò nel 1932 quattro "Torpedo" con la regolazione per il paralasse in versione cromata. Gli stessi erano anche disponibili in versione"nera". Ai tre illustrati nell'immagine dobbiamo aggiungere il VITRE con cornici per le focali 35, 50, 105mm.


Una Leica II trasformata da una I ottica fissa con Obiettivo Elmar 105mm. f. 6,3 corredata di mirino VIDEO e
una Leica I standardizzata con obiettivo Elmar 50 mm. f.3,5 e mirino VISOR

 
Un modello VIDEO e a destra un VISOR con la scritta "Germany"sulla slitta porta-accessori. L'incisione era posta sui i prodotti destinati all'esportazione.



 
 
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Marzo 1931, la Leitz introduce i nuovi mirini universali e realizza questa brochure di quattro pagine in lingua tedesca
 
 



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Nell'immagine sono presenti in pratica tutti i mirini "Torpedo" prodotti in solo due anni dalla Leitz. Nel gruppo, figurano tre versioni "fuori catalogo", per la precisione il VIDEO e VISIL in inedita veste con paralasse e il VIEME in finitura cromata. Naturalmente dovrete credermi sulla parola, non potendo verificare dalla foto le differenze interne che contraddistinguono ogni singolo mirino.
 
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Brochure n°7192 del Febbraio 1932 in lingua tedesca. Pubblicazione dedicata al nuovo obiettivo Hektor 73mm. f. 1,9. Nella stessa sono presentati i nuovi mirini "Torpedo" compatibili con questa nuova ottica.
 

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Brochure n°7327b del mese di ottobre 1936,
La pubblicazione Leitz in lingua Inglese,
risulta l'ultima in cui vengono elencati i mirini Torpedo, sostituiti definitivamente dal mirino VIDOM
 
 
 
 
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 KINOR
Il KINOR è uno speciale "Torpedo" per le cineprese "amatoriali" con cornici per le focali 15, 25, 50, 75 e 100 mm. Per questa versione "cine" la Leitz realizzò una staffa di fissaggio  con il nome in codice KINHA per la cinepresa Victor Kino  con regolazione del paralasse.
Il mirino è molto raro e quello raffigurato nella fotografia è stato battuto recentemente all'asta di WestLicht  di Vienna  e ora fa parte della stupenda collezione Italiana raffigurata nell'articolo.
(Photo by courtesy WestLicht) 
 Vista frontale del KINOR
 
Pubblicità dell'epoca della cinepresa Victor Kino con mirino Leitz Kinor, come evidenziato nel testo reclamizzato
 
 
 Le cornici del KINOR con le cinque inquadrature cinematografiche.
 

La cinepresa Victor Kino
 
 
 
 Particolare della staffa KINHA con paralasse incorporato e slitta portaccessori per inserire il mirino KINOR

 
 
 
 

 


 

Rommel e la Leica n° 375000

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Gianni Rogliatti, negli anni '80, in una delle sue tante visite negli archivi Leica di Wetzlar, scoprì una corrispondenza intercorsa tra il  Generale Tedesco Erwin Rommel e la Leitz.
La lettera è stata inviata il 6 Febbraio del 1943 e riporta l'intestazione dellla temibile armata corrazzata Africana "Panzerarmee Afrika".
 
 
Lo scritto, indirizzato al Dr. Ernst Leitz, riporta i ringraziamenti per aver ricevuto in dono qualche mese prima la Leica n° 375000. Era conseuetudine per la Leitz, donare  periodicamente una fotocamera Leica o un microscopio con numero di matricola "tondo" a celebrità che si erano particolarmente distinte. Per i suoi risultati militari, la Leitz, in pieno periodo bellico assegnò il riconoscimento al Feldmaresciallo Erwit Rommel, grande estimatore della famosa fotocamera tedesca, che usava con regolarità e ne apprezzava le qualità. Sovente viene osservato nelle fotografie dell'epoca in compagnia della fedele fotocamera Leica III o IIIa, mentre nessuna immagine è giunta a noi che lo ritragga con la Leica III C n° 375000.
 
La fotocamera con il numero speciale, dalla sua assegnazione non è mai stata rinvenuta e l'apparecchio illustrato riporta un numero aggiunto graficamente.
 
 
 

 
Qui di seguito riporto la traduzione in Italiano della lettera di Erwit Rommel, curata dalgli amici di My Leica Historica Diego Cabassa e Claudio Zamagni, a cui vanno i miei ringraziamenti.
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Esercito corazzato Africa
Il comandante supremo

Quartier generale, il 6 Febbraio 1943

Al sig. Dr. Ernst Leitz, proprietario della ditta Ernst Leitz, G.m.b.H., Wetzlar
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Carissimo sig. Leitz!

Desidero esprimerle il mio speciale ringraziamento per la macchina fotografica Leica 375000 che mi è stata inviata. Mi sarà fedele compagna nel mio futuro lavoro, poiché so per esperienza personale quale valore abbia la fotografia, non solo come ricordo ma anche come materiale di studio e conoscenza. La ringrazio inoltre per i suoi buoni auspici, dei quali dovremo aver presto particolarmente bisogno.

Heil Hitler!


Rommel
Feldmaresciallo generale

Leica 750

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Per alcuni è la Leica Reporter, per altri e la Leica 250 per la possibilità di eseguire 250 fotogrammi. Per altri ancora è la Leica 10 metri, tanti sono i metri di pellicola che può caricare, ma anche Leicona per le sue dimensioni maggiorate. Per alcuni fotografi, negli anni ’50, la grande autonomia di questo speciale apparecchio non era sufficiente.
 
Il fotografo francese Maurice Bonnel, ritratto in questa fotografia del 1955,  ne è un chiaro esempio. Tra le sue mani viene impugnata una fotocamera di dimensioni ancora maggiori di una Leica 250. Sicuramente non è un modello realizzato negli stabilimenti Leitz di Wetzlar, ma un manufatto ricavato da un normale modello IC dei primi anni ’50 in grado di ospitare una bobina di 30 metri di pellicola, sufficienti per scattare circa 750 fotografie. L’autorevole Jim Lager, nel suo libro “Leica an illustrated history” documenta altri simili modelli, con autonomie di 500 o 750 fotogrammi.

 

CALENDARIO 2015 My Leica Historica

My Leica Historica a Wetzlar

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My Leica Historica ha partecipato all'incontro primaverile del Leica Historica Tedesca che si è svolto a Wetzlar dal 27 al 29 marzo 2015.
Nella galleria fotografia, alcuni dei nostri momenti felici in terra tedesca.
Nel sito ufficiale dell'associazione tedesca, potrete osservare altre istantanee dell'evento al link:
 






















 



































































































Gli "errori" Leica

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La Leica si è sempre distinta per la perfezione dei suoi prodotti. La progettazione e la realizzazione accurata di prodotti di assoluta affidabilità, hanno contribuito al successo commerciale del marchio.
Stupiscono e incuriosiscono alcuni ritrovamenti in cui vengono riportati "errori " nelle incisioni e nelle scritte, perché sicuramente "sfuggiti" ad un controllo che normalmente li avrebbe scartati dalla rigida filiera produttiva della fabbrica di Wetzlar.
In questa galleria, che vorrei aggiornare nel tempo con delle vostre segnalazioni, vengono proposti alcuni ritrovamenti in cui sono riportati degli errori nelle scritte.
 
 
Mirino angolare WINTU con errore nell'incisione nel marchio E.Leitz scritto E.Leit
 

 

 
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Nella confezione di questo esposimetro Leica-Meter 3, vengono riportati due errori nell'indirizzo della filiale americana della Leitz. Il più evidente è nel nome "Lietz" al posto di "Leitz" e il numero civico "6" anziché "16" come correttamente riportato nel modello illustrato nella successiva immagine.
 

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Il tubo adattatore "COOHO" prodotto dalla Leitz New York per la testa dell'obiettivo Leica Hektor 135 non riporta un "errore" occasionale perché per tutta la sua produzione fu scelto, per uno sconosciuto motivo, di scrivere "Hector" al posto del corretto "Hektor". Lo si deduce dal fatto che sono stati ritrovati tre esemplari* differenti in cui viene riportato lo stesso errore.
* Due esempi sono riprodotti nel libro di J. Lager - Leica - An Illustrated History - Volume III - Accessories - anno 1998





 
 
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Di seguito, il pieghevole pubblicitario prodotto nel 1958 dalla Ernst Leitz per pubblicizzare il modello Leica M3 per il mercato Italiano. Nella pagina interna è scritto erroneamente in un quasi francesismo ... la qualitè decisiva...
 


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La realizzazione di questo libretto di istruzione per microscopi risale al 1895.
In quell'epoca, la fotocamera Leica non era ancora nata e in pratica, l'intera produzione era assorbita dai famosi microscopi Leitz.
L'opuscolo  in questione è stato realizzato dalla succursale americana di New York ed è scritto in lingua Francese.
In copertina e nelle pagine interne è scritto "ERNEST LEITZ" invece di ERNST LEITZ che a prima vista si potrebbe trattare di un errore, ma è più verosimile che si tratti di una volontaria trascrizione del nome in lingua in francese.
 

 
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Evidente "errore" di incisione nel tubo di prolunga per il sistema Visoflex OTSRO. Indicato per la focale 135 o 13 ?
Un particolare ringraziamento per il ritrovamento all'amico Daniele Inghilesi


Immagine che riporta l'incisione corretta sul tubo di estensione Leica

 
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